Ogni invito a un partner, consulente o fornitore in Microsoft 365 genera un account guest nel tenant. Nel tempo, questi accessi si accumulano senza una vera governance: non sempre è chiaro chi ha invitato, perché, per quanto tempo o come e quando verrà rimosso l’utente.
Il risultato è la cosiddetta guest sprawl, un fenomeno che porta a centinaia o migliaia di identità esterne attive oltre il necessario, spesso senza un ciclo di vita definito.
Le conseguenze sono immediate:
- Perdita di visibilità su chi accede a cosa;
- Account zombie che restano attivi anche a progetto concluso;
- Link eccessivamente aperti o mai scaduti;
- Download da device non gestiti che sfuggono a ogni controllo.
In un contesto “tradizionale”, questi rischi sarebbero già critici. Ma oggi, l’uso crescente dell’Intelligenza Artificiale negli attacchi informatici amplifica ogni vulnerabilità legata alla gestione delle identità.
La guest sprawl non nasce dall’AI — nasce dall’assenza di governance sui processi di collaborazione esterna — ma in un panorama in cui gli attacchi di identity compromise diventano più rapidi, mirati e difficili da rilevare, la presenza di account guest non governati moltiplica il rischio.
Ogni identità lasciata aperta, ogni link non scaduto, ogni accesso dimenticato diventa un possibile punto d’appoggio per modelli capaci di analizzare pattern, imitare comportamenti e sfruttare vulnerabilità con velocità e precisione inedite.
In altre parole: più ampio è il terreno non presidiato, più terreno l’AI ha per colpire.
Per approfondire questo fronte rimandiamo a AI & Cybersecurity: attacchi informatici e intelligenza artificiale.
Le piattaforme come Microsoft 365 offrono strumenti importanti per ridurre il rischio — Conditional Access, Sensitivity Labels, DLP, Access Reviews — ma questi rimedi agiscono sul singolo invito o sul singolo contenitore, senza risolvere il problema alla radice: manca una regia centrale che definisca e governi il ciclo di vita delle identità esterne.
La guest sprawl è quindi meno un tema di configurazione tecnica e più un problema di architettura e responsabilità. Senza una regia, ogni invito rimane un atto isolato che, sommato a migliaia di altri, costruisce una superficie d’attacco invisibile e crescente.
IAM & CIAM come registi del governo
Il punto è che la guest sprawl non nasce da un bug tecnico, ma da un vuoto di governo: migliaia di identità esterne che vivono dentro Microsoft 365 senza una visione unificata di chi le gestisce, con quali regole e per quanto tempo.
Per questo motivo, le sole best practice native — Conditional Access, Labels, DLP, Access Reviews — non bastano: sono necessarie, ma restano strumenti “locali”. Quello che serve è una regia centrale.
IAM e CIAM: due prospettive complementari
- IAM (Identity and Access Management) rappresenta la dorsale interna del controllo delle identità. Gestisce dipendenti, collaboratori e — in alcuni casi — partner che accedono direttamente alle risorse aziendali. È qui che vivono i processi di provisioning, Single Sign-On, autenticazione multifattore, gestione dei ruoli e revisione periodica degli accessi: in sintesi, tutto ciò che assicura che ogni utente abbia il livello di permesso giusto, nel momento giusto, per lo scopo giusto.
- CIAM (Customer Identity and Access Management) estende gli stessi principi verso l’esterno, governando le identità di clienti, partner, fornitori o cittadini. Qui il baricentro si sposta su scalabilità ed esperienza d’uso, con meccanismi di registrazione self-service, autenticazione adattiva, social login e gestione del consenso. È l’anello che collega sicurezza e semplicità, permettendo di offrire accessi controllati ma fluidi anche a un numero elevato di utenti esterni.
IAM e CIAM non sono due mondi separati, ma due prospettive complementari dello stesso modello di governo. L’uno presidia l’interno, assicurando coerenza e controllo su ruoli, accessi e responsabilità; l’altro estende questi principi verso l’esterno, dove la collaborazione con clienti, partner e fornitori richiede scalabilità e un’esperienza d’uso fluida.
La svolta architetturale sta proprio nel distinguere i piani: le identità interne devono essere gestite secondo le logiche IAM tradizionali, mentre quelle esterne vanno governate con approcci CIAM, pensati per gestire volumi elevati, cicli di vita brevi e requisiti di compliance più articolati.
Separare questi domini significa evitare che ogni collaborazione venga trattata allo stesso modo, impedendo che chiunque diventi un guest “a tempo indefinito” nei contenitori aziendali.
In questo equilibrio risiede la chiave del governo: IAM e CIAM non sono semplici tool, ma il control plane in cui si decide chi entra, perché, come e per quanto tempo. È qui che si chiude il vuoto di governance da cui la guest sprawl ha avuto origine.
L’utilità pratica: come cambia la collaborazione
Quando la collaborazione con partner e fornitori non passa da una regia centralizzata, ogni invito apre una porta che rischia di restare spalancata nel tempo. L’account guest creato da una mail di gruppo, l’accesso lasciato a un consulente su un Team ormai chiuso, il link condiviso “al volo” su SharePoint: ognuno di questi episodi, preso singolarmente, non è un errore. Ma nel loro accumularsi generano quella guest sprawl che trasforma identità legittime in punti ciechi difficili da governare.
Con IAM e CIAM al centro, lo scenario cambia radicalmente. Gli inviti non sono più azioni isolate, ma diventano effetti di un processo architetturale. È così che:
- una semplice distribution list verso più partner non genera più identità incontrollate: l’accesso passa prima da un percorso CIAM che rende ogni identità registrata e tracciabile;
- una chat su Teams con un nuovo interlocutore non crea automaticamente un guest: se il partner è federato la conversazione è diretta, altrimenti l’ingresso avviene solo attraverso CIAM;
- un progetto su Teams o SharePoint non si popola di utenti a tempo indefinito: l’ingresso passa da CIAM, con ruoli, scadenze e cicli di vita definiti;
- un meeting o la condivisione rapida di un file su OneDrive non vengono rallentati: restano immediati, perché non lasciano identità permanenti all’interno del tenant.
Questi esempi raccontano l’effetto pratico di una governance basata su IAM e CIAM: la collaborazione continua a essere veloce e fluida, ma smette di sedimentare account zombie e permessi senza controllo. La differenza non è nel “fare di meno”, ma nel fare con logiche diverse: ogni interazione trova la porta giusta, proporzionata allo scopo e al rischio.
Il valore di una regia unica con IAM e CIAM
Il vero cambio di passo si vede quando la collaborazione non è più un mosaico di inviti gestiti in autonomia, ma il risultato di una regia unica. IAM e CIAM offrono proprio questo: la capacità di trasformare interazioni disordinate in un processo chiaro, tracciabile e sostenibile.
Il primo beneficio è la governance centralizzata. Ogni identità esterna ha un percorso definito, con regole comuni e un ciclo di vita che non dipende dalla memoria del singolo owner. L’effetto immediato è la fine della guest sprawl: gli accessi non si accumulano, ma seguono un arco che inizia con una registrazione, vive in un contenitore e termina con una revoca certa.
Il secondo è la sicurezza integrata. IAM e CIAM non sostituiscono gli strumenti nativi delle piattaforme — Conditional Access, Labels, DLP — ma li orchestrano. Le policy smettono di essere isole tecniche e diventano tasselli di una cornice più ampia, in cui ogni livello di accesso è proporzionato allo scopo e al contesto.
Il terzo riguarda la compliance e l’auditabilità. Dimostrare chi ha avuto accesso a cosa, quando e perché smette di essere un esercizio a posteriori e diventa una caratteristica del sistema. Non servono cacce ai log o ricostruzioni manuali: la catena di responsabilità è chiara e leggibile.
Infine, c’è l’esperienza utente. Paradossalmente, la regia centralizzata non rallenta, ma semplifica. Partner e consulenti non ricevono inviti frammentati, ma seguono un percorso unico di ingresso. I clienti non finiscono dispersi nei contenitori interni, ma restano in un perimetro CIAM pensato per loro. L’impressione che ne deriva è di un’organizzazione coerente, capace di collaborare in modo fluido e sicuro.
In sintesi, il valore di una regia unica sta nell’aver trovato il punto di equilibrio: collaborazione veloce, esposizione sotto controllo.
La guest sprawl non è un incidente tecnico, ma il sintomo di un modello senza regia. Account che si accumulano, permessi che non scadono, link che restano aperti: tutto questo non nasce da errori eclatanti, ma dalla somma di pratiche quotidiane che, senza un controllo centrale, diventano fragilità strutturali.
Il vero punto di svolta è considerare l’identità come nuovo perimetro della sicurezza e scegliere un’ossatura chiara per governarla: . IAM per i dipendenti e i partner integrati nel perimetro operativo, CIAM per clienti, utenti o community esterne. Su questa base, ogni ingresso trova la sua porta coerente — che si tratti di accesso External, Guest o Shared nei modelli di collaborazione Microsoft 365 — e ogni relazione ha un ciclo di vita leggibile e finito.
Non si tratta di aprire meno, ma di aprire meglio: con policy che abitano i contenitori, con sponsor e owner che danno volto alla responsabilità, con segnali che rendono il sistema trasparente anche verso il board. La velocità della collaborazione resta, ma l’esposizione rientra entro confini verificabili.
In un contesto in cui l’uso dell’Intelligenza Artificiale amplifica l’efficacia e la velocità degli attacchi, questa differenza è cruciale: significa passare da un patrimonio informativo esposto e frammentato a un ecosistema digitale fluido, governato e resiliente.