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RPA vs. AI Agent: perché l’automazione classica non basta più

RPA vs. AI Agent: questa contrapposizione è oggi centrale nel dibattito sull’automazione aziendale. Mentre l’RPA ha reso i processi più rapidi ed efficienti, le aziende oggi devono affrontare sfide che richiedono soluzioni più flessibili e intelligenti. In un contesto di mercato sempre più dinamico, incerto e interconnesso, le soluzioni di automazione tradizionale stanno mostrando i propri limiti. Per una panoramica più ampia sull’evoluzione dell’automazione aziendale, scopri la nostra guida all’Intelligent Automation.

I classici sistemi RPA (Robotic Process Automation) – basati su regole rigide e percorsi prestabiliti – funzionano bene solo in ambienti altamente strutturati. Basta una variazione in un’interfaccia, un’eccezione nella logica di processo o un dato non previsto, e l’automazione si interrompe: serve l’intervento umano.

Ma quanto è sostenibile questo approccio, quando i processi aziendali diventano sempre più complessi, distribuiti e dipendenti da dati destrutturati (email, documenti, conversazioni, richieste scritte)?

È qui che entra in gioco una nuova generazione di tecnologie: gli AI Agent, ovvero agenti intelligenti capaci di interpretare il contesto, prendere decisioni, apprendere e agire. Nel campo dell’intelligenza artificiale, infatti, il termine “agente” indica un algoritmo che controlla un processo ciclico composto da tre fasi:

  1. Percezione – leggere, comprendere, interpretare informazioni da fonti anche non strutturate;
  2. Ragionamento – elaborare quanto percepito, confrontarlo con regole e obiettivi;
  3. Azione – decidere cosa fare e agire in base al contesto.

Questo ciclo si ripete continuamente, permettendo all’agente non solo di reagire, ma anche di adattarsi ai cambiamenti, risolvere problemi in modo flessibile e – se necessario – correggere la propria azione. Questo tipo di approccio si inserisce pienamente nella visione di hyperautomation promossa da Gartner, dove AI e RPA si integrano per creare automazioni sempre più intelligenti e autonome.

L’Agentic AI nasce proprio per abilitare questo paradigma, sfruttando modelli generativi avanzati (come i Large Language Models) in grado di gestire situazioni ambigue, processi non standard e flussi soggetti a continue variazioni. Non si tratta di sostituire l’automazione classica, ma di superarne i limiti, abilitando una nuova forma di collaborazione uomo-macchina, più resiliente e intelligente.

Per le imprese che affrontano quotidianamente processi complessi, cicli approvativi articolati o flussi operativi in continuo cambiamento, l’adozione di agenti intelligenti rappresenta una leva strategica per aumentare l’agilità operativa e il vantaggio competitivo.

RPA vs. AI Agent: cosa cambia davvero

Il confronto RPA vs. AI Agent non è solo tecnologico, ma culturale. Cambia il modo in cui pensiamo all’automazione stessa. Quando si parla di automazione, si fa solitamente riferimento a tecnologie come l’RPA che eseguono azioni predefinite su interfacce e sistemi aziendali seguendo regole rigide e sequenze determinate. Questi strumenti sono molto efficaci in contesti strutturati, ripetitivi e prevedibili: leggono un documento, estraggono dati, popolano un sistema, inviano notifiche.

Tuttavia, appena cambia una condizione, emerge un’eccezione o serve un ragionamento – anche minimo – l’automazione si ferma. Serve l’intervento umano per comprendere, decidere e rimettere il flusso in carreggiata. In altre parole, l’RPA sa eseguire, ma non sa interpretare.

Gli Agent AI, invece, sono qualcosa di diverso. Sono entità software autonome che combinano intelligenza artificiale generativa, accesso alla conoscenza aziendale e capacità di interazione con persone, dati e sistemi. Hanno un comportamento simile a quello umano nei processi:

  • Comprendono il contesto, anche quando le informazioni sono destrutturate
  • Ragionano sulla base di regole, eccezioni e obiettivi
  • Agiscono con flessibilità, decidendo autonomamente quali strumenti utilizzare per raggiungere l’obiettivo prefissato

A differenza di un bot RPA, un Agent AI non segue semplicemente uno script, ma valuta ogni situazione nel momento in cui accade, facendo scelte diverse a seconda del contesto. E se incontra un problema troppo complesso o ambiguo, sa quando chiedere supporto a un umano, grazie a logiche di “human-in-the-loop” ben integrate. Nella sfida RPA vs. AI Agent, questa è una delle differenze più significative.

In sintesi: l’agente non esegue un processo. Lo gestisce.

La differenza è sostanziale: l’automazione classica è deterministica, mentre un agente è situazionale, adattivo e autonomo. Questo gli consente di lavorare in ambienti dove le informazioni sono incomplete, le eccezioni frequenti e le decisioni richiedono interpretazione.

Per le aziende, questo rappresenta un’opportunità concreta per elevare il livello dell’automazione, spostandosi da semplici task ripetitivi a processi decisionali, interattivi e dinamici, finora rimasti esclusi dalle strategie di automazione. È proprio in questo passaggio che si gioca la partita RPA vs. AI Agent.

Caratteristiche chiave di un agente

Grafica con struttura a doppia elica che rappresenta le quattro capacità fondamentali di un AI Agent. Ogni sezione della spirale è colorata in modo diverso e associata a un’icona e a una breve descrizione:In alto a sinistra, Context Grounding in viola, con un’icona di segnaletica e la frase “Comprendere e utilizzare la conoscenza aziendale per decisioni informate”. In alto a destra, Escalation in verde, con un’icona di tre persone e la frase “Sapere quando cercare l’intervento umano per situazioni complesse”. In basso a sinistra, Tools in arancione, con un’icona di martello e la frase “Utilizzare veri strumenti per eseguire i task”. In basso a destra, Prompting in rosso, con un’icona di grafico a barre con freccia e la frase “Seguire istruzioni dinamiche per azioni strategiche”

Infografica sulle competenze essenziali di un agente AI: Context Grounding, Tools, Escalation e Prompting

Per comprendere fino in fondo cosa distingue un Agent AI da un semplice script automatizzato, può essere utile anche la visione proposta da IBM sul ruolo trasformativo degli agenti AI, sempre più centrali nell’evoluzione dell’automazione. Un agente intelligente non si limita a “fare delle cose”, ma è progettato per agire con cognizione di causa, in modo dinamico e contestuale.

Proprio come faremmo con un nuovo collega in azienda, anche l’agente ha bisogno di informazioni, strumenti e regole di comportamento per operare efficacemente.

Ecco le quattro capacità chiave che ne definiscono il funzionamento

  1. Context Grounding: Comprendere il contesto
    Un agente AI non prende decisioni nel vuoto. Prima di agire, ha bisogno di una base di conoscenza a cui ancorarsi: policy aziendali, manuali operativi, FAQ, documentazione tecnica, casi precedenti. Questo processo – detto context grounding – permette all’agente di interpretare correttamente le situazioni, esattamente come farebbe un nuovo assunto che consulta le procedure per capire come muoversi.Più l’agente è “allenato” con materiali aziendali di qualità, più è in grado di agire in modo coerente e affidabile.
  2. Prompting: Prendere decisioni in modo guidato
    Come un collaboratore segue linee guida o il buon senso per scegliere la risposta giusta a una situazione, l’agente segue istruzioni dinamiche e obiettivi dichiarati. Il prompting è il meccanismo con cui si definisce il “perché” e il “come” delle sue azioni: cosa deve ottenere, entro quali vincoli, con quali priorità.Non è uno script rigido, ma un orientamento strategico che guida l’agente nel costruire un piano di azione.
  3. Tools: Eseguire i task
    Un agente, da solo, non basta. Per completare il suo lavoro ha bisogno di strumenti operativi: può attivare bot RPA, fare chiamate API, interrogare database o interagire con sistemi aziendali come CRM, ERP, ticketing tool o piattaforme cloud. La sua forza sta nel combinare intelligenza e operatività, orchestrando risorse diverse in modo fluido.Pensalo come un project manager digitale che coordina le azioni, invece di eseguirle tutte in prima persona.
  4. Escalation: Sapere quando chiedere aiuto
    La vera intelligenza non è “fare tutto da soli”, ma sapere quando è il momento di coinvolgere un umano. Gli agenti sono progettati per riconoscere i casi ambigui, le eccezioni complesse, le richieste fuori standard – e in questi casi, si fermano, chiedono una validazione o un supporto a un esperto di processo.Questo garantisce controllo, sicurezza e una collaborazione efficace tra AI e persone.

Insieme, queste quattro caratteristiche rendono l’Agent AI molto più di una semplice automazione. Lo trasformano in un assistente digitale capace di comprendere, decidere, agire e collaborare: una risorsa preziosa per affrontare con agilità i processi più dinamici e meno standardizzabili.

Quando scegliere un AI Agent al posto dell’RPA

Non tutti i processi richiedono un agente. In molti casi, un’automazione RPA tradizionale è più che sufficiente: se il flusso è stabile, le regole sono chiare e i dati sono strutturati, è giusto puntare su tecnologie collaudate, veloci da implementare e facili da mantenere.

Ma quando il contesto si complica – e succede sempre più spesso – l’automazione classica mostra i suoi limiti. È proprio in questi scenari che gli Agent AI dimostrano tutto il loro valore. La sfida RPA vs. AI Agent è sempre più concreta nelle aziende che cercano agilità e adattamento.

Ecco alcuni segnali che indicano quando è utile adottare un agente

  1. Il processo include decisioni complesse o variabili
    Se per completare un’attività è necessario interpretare policy aziendali, eccezioni, casistiche passate o bilanciare criteri contrastanti (come tempi, costi e qualità), un agente AI può ragionare sul contesto e scegliere l’azione più coerente
  2. Ci sono molte eccezioni o deviazioni dal flusso standard
    In processi dove i casi particolari sono la regola – ad esempio nella gestione delle richieste clienti o nel supporto HR – l’agente è in grado di adattarsi senza dover riprogrammare continuamente il flusso
  3. I dati sono non strutturati o provengono da fonti eterogenee
    Email, PDF, chat, documenti, FAQ, knowledge base: l’agente può leggerli, interpretarli, collegare le informazioni e utilizzarle per prendere decisioni. L’RPA non è in grado di estrarre valore, mentre l’agente può interpretare e agire
  4. Serve interazione con utenti o altri sistemi in modo dinamico
    Se il processo prevede un dialogo attivo con clienti, dipendenti o sistemi esterni (es. richiesta di documenti, chiarimenti, validazioni), l’agente può gestire le interazioni in autonomia, scegliendo come e quando coinvolgere un essere umano
  5. I processi cambiano spesso
    Nuove normative, modifiche organizzative, nuovi strumenti IT: l’agente, se ben addestrato e connesso a una knowledge base aggiornata, può adattarsi rapidamente, riducendo i costi e i tempi di manutenzione rispetto all’automazione rigida

Se vuoi vedere l’AI in azione nei progetti concreti, leggi il nostro articolo su come stiamo potenziando il business dei clienti con l’intelligenza artificiale.

In sintesi, un Agent AI va scelto quando entra in gioco l’incertezza, la varietà e l’interazione. In questi casi, può trasformare la complessità in efficienza, abilitando un nuovo livello di automazione che migliora l’operatività quotidiana e libera risorse preziose.

RPA vs. AI Agent: sfide da affrontare e limiti attuali

Gli Agent AI offrono un enorme potenziale per evolvere l’automazione aziendale, ma come ogni tecnologia emergente, presentano anche limiti e sfide che è importante conoscere prima di adottarli su larga scala.

  1. La qualità dei dati e della conoscenza aziendale è fondamentale
    Un agente intelligente prende decisioni in base alle informazioni a cui ha accesso. Se le policy sono incomplete, le procedure non aggiornate o i documenti mal strutturati, l’agente rischia di agire in modo errato.
    È quindi essenziale costruire una base informativa solida, affidabile e facilmente interrogabile, proprio come si farebbe con un nuovo collaboratore.
  1. Serve un design accurato di prompt e istruzioni
    Un agente non è una “scatola magica” che capisce tutto da sola. Ha bisogno di istruzioni ben progettate – i cosiddetti prompt – per sapere come comportarsi nei diversi contesti. La scrittura e il testing di questi prompt richiedono competenze specifiche, che un tempo non erano necessarie nei team di automazione.
  1. La governance deve evolvere
    L’introduzione di agenti comporta un cambiamento nel modo in cui si progetta e si controlla l’automazione. Bisogna definire chiaramente quando l’agente può agire in autonomia, quando deve chiedere supporto e come tracciare le sue decisioni. In assenza di una governance solida, il rischio è di generare incertezza o risultati incoerenti.
  1. Serve fiducia – e serve costruirla
    In molti contesti aziendali, affidare a un agente compiti decisionali può generare resistenze culturali o operative. È importante coinvolgere fin da subito gli stakeholder, mostrare i benefici concreti e testare gli agenti su casi d’uso mirati, per costruire fiducia passo dopo passo.
  1. La misurazione dei risultati è più articolata
    Mentre un RPA tradizionale ha KPI facilmente quantificabili (es. riduzione del tempo di esecuzione), gli agenti agiscono in contesti più ambigui, dove anche l’impatto può essere più qualitativo (es. miglioramento del servizio, riduzione degli errori, maggiore adattabilità).Servono quindi metriche più sofisticate – come il tasso di escalation gestite in autonomia, la precisione delle decisioni contestuali o la soddisfazione dell’utente – e strumenti di osservabilità evoluti.

Conclusione: Gli agenti non sostituiscono l’automazione: la estendono

Il confronto RPA vs. AI Agent rappresenta oggi una svolta strategica per chi vuole evolvere i modelli di automazione. L’introduzione degli Agent AI rappresenta un’evoluzione naturale – e necessaria – dell’automazione aziendale. Non si tratta di mandare in pensione le soluzioni RPA o i sistemi di automazione basati su regole. Al contrario, si tratta di potenziarle, rendendole più intelligenti, adattive e capaci di affrontare situazioni sempre più complesse.

Gli agenti non servono ovunque, ma diventano fondamentali quando entra in gioco l’ambiguità, il ragionamento, l’interazione dinamica con persone e sistemi, la necessità di prendere decisioni informate. Sono la risposta alla crescente richiesta di automazioni “vive”, capaci di adattarsi al contesto, apprendere dalla conoscenza aziendale e collaborare in modo fluido con gli esseri umani.

Per le imprese che vogliono restare competitive, investire in agenti intelligenti significa accelerare la digitalizzazione senza irrigidirsi, abilitare nuovi modelli operativi, liberare tempo e risorse dalle attività ripetitive e aprire la strada a processi più fluidi, flessibili e intelligenti.

Per approfondire l’impatto dell’automazione sul futuro competitivo delle imprese, leggi anche il nostro articolo su vantaggi e prospettive future dell’Intelligent Automation.

In un mondo dove il cambiamento è la nuova normalità, gli Agent AI non costituiscono il futuro dell’automazione, ma il presente delle aziende che vogliono restare rilevanti.